Cenni storici
Le forme più antiche di artiglieria meccanica risalgono alla Sicilia greca del IV secolo a.C. dove sono documentate per la prima volta la presenza di macchine ad arco in grado di scagliare proiettili. Dal V secolo in poi queste macchine furono sostituite da alte che utilizzavano come forza propulsiva due matasse di fibre elastiche.
Queste nuove artiglierie venivano impiegate soprattutto per l’assalto o la difesa delle città, furono i Romani qualche tempo dopo che perfezionarono qualche elemento di queste artiglierie e furono in grado, anche grazie ad un efficiente sistema logistico, di portare le macchine in una battaglia campale, dove ogni Coorte delle legioni aveva le proprie artiglierie.
Il loro uso sia in teatri campali, sia e soprattutto in teatri di assedio continuò fino alla caduta dell’impero Romano d’Occidente, cioè fino a quando si poté tenere viva tutta l’organizzazione logistica per la costruzione e la manutenzione di tali macchine. È probabile tuttavia che queste macchine non scomparvero del tutto con le invasioni barbariche ma seppur in maniera di molto inferiore qualche comandante continuò nell’uso.
È comunque accertata la loro presenza fino al 1200 nell’impero Bizantino dove la memoria della cultura latina continuò per tempo maggiore.
Evoluzione delle artiglierie a torsione
In cambio tra le artiglierie a flessione con quelle a torsione ha permesso di incrementare di molto la potenza di questo tipo di macchine perché la loro forza propulsiva si basa sulla torsione del fascio di fibre e non più sulla flessione dell’arco composito(legno, corno, tendine)
Come tutte le invenzioni anche questa ha avuto un certo tempo per essere messa a punto, ed in particolare si sono avvicendati vari materiali per formare le matasse elastiche. Il primo, secondo le fonti, sono state matasse di origine vegetale (lino, cotone, canapa) ma da subito hanno dimostrato il loro difetto, infatti le fibre vegetali resistono molto bene alla trazione ma poco in torsione, perdendo di elasticità dopo poco tempo. Scartate le fibre vegetali si passato alle fibre animali quali crini equini e capelli di donna, e queste fibre hanno dato risultati notevoli in termini di prestazioni e durata nel tempo.
In periodi successivi poi si è riscontrato che quel tipo di fibre presentava un problema quando vi era forte umidità, perché l’acqua atmosferica fa aumentare il diametro delle fibre creando un allungamento delle matasse e conseguente decadimento della loro forza propulsiva. Il problema si è ovviato in buona parte con l’utilizzo di tendini (equini e bovini per la maggiore) che resistevano piuttosto bene all’umidità ma nulla potevano contro la pioggia.
Risolto il problema della propulsione la parte meccanica nel tempo ha avuto ben poca evoluzione, la componente principale del fusto si è mantenuta; una slitta per guidare il proiettile e per caricare le matasse, un alloggiamento della slitta per far scorrere la componente al suo interno.
Una leggera evoluzione la sia ha avuta sostituendo una barra seghettata posta ai lati del fusto con una ruota dentata montata sulle ruote di riarmo.
Elementi costitutivi dello scorpione
Parti principali:
( (1) Testa
(2) Corpo o Fusto
(3) Cavalletto o Affusto
(4) Meccanismo dell’alzo
Testa
Corpo della macchina
Cavalletto e Meccanismo dell’alzo
Principio di funzionamento delle artiglierie a torsione
Il principio si basa sulla capacità delle matasse di accumulare energia attraverso fasci di fibre elastiche in grado di sopportare elevati sforzi di torsione.
Meccanica di funzionamento dello scorpione
La prima fase consiste nel “caricare” le matasse, ovvero imprimere una certa rotazione ai fasci di corde, più queste sono caricate maggiore è la forza sviluppata dalla macchina.
Le fasi di tiro poi, seguono una sequenza ben specifica che dura nel complesso circa un minuto e mezzo.
Liberata la slitta dal meccanismo di arresto si sposta in avanti fino ad agganciare la corda al meccanismo di sgancio, si inserisce il proiettile e si procede a far tornare indietro la slitta, agendo sulle ruote di riarmo.
La slitta tornando indietro, trascina con sé la corda e di conseguenza i pali, i quali impartiscono alle matasse un’ulteriore torsione. Giunti al fine corsa, che coincide a circa metà della lunghezza della slitta, si regola l’alzo e la direzione del tiro e al segnale del comandante si apre il meccanismo di sgancio, il quale libera la corda che sotto la trazione dei pali ovvero delle matasse scaglia il proiettile.
Il nostro progetto
Il progetto iniziale dello scorpione parte ad ottobre 2010 con un’attenta ricerca storica su libri e siti. I lavori veri e propri iniziano a fine febbraio 2011 con l’acquisto del legno e dopo attenta e dettagliata discussione con un artigiano falegname.
La costruzione procede rapida e non senza qualche modifica al progetto iniziale, modifiche necessarie per ottimizzare la disponibilità di legno e ridurre i costi.
A fine giugno la macchina è completa ed è pronta per la sua prima uscita in una rievocazione storica.
Risultati sperimentali
I primi test di tiro eseguiti a metà luglio 2011 ci hanno consentito di preparare la macchina e valutare che tutte le componenti fossero funzionanti. In questi test la massima gittata è stata di circa 60 metri.
Test successivo eseguito a metà novembre, dopo aver apportato qualche miglioria meccanica ha consentito allo scorpione di raggiungere una notevole distanza, circa 200 metri.
Siamo abbastanza certi che aumentando anche di poco la torsione iniziale delle matasse, si possano raggiungere gittate anche maggiori, tuttavia per preservare più a lungo la macchina riteniamo sufficiente la forza impressa al dardo.
Da notare che nel tiro in cui sono stati raggiunti i 200 metri il proiettile si è conficcato nel terreno per quasi 30 centimetri risultato di una notevole energia al momento dell’impatto.
Fonti Bibliografiche
- Tormenta, Venti secoli di artiglieria meccanica, Ferruccio Russo
- Tormenta, Venti secoli di artiglieria meccanica, TAVOLE, Ferruccio Russo
- Ancient and medieval siege weapons, Kontantin Nossov
- De Architectura,libro decimo, Vitruvio
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